La gente ama lamentarsi, ma non ama analizzare le situazioni, e neppure prendersi colpe. Io per lavoro cerco di evitare di dare colpe, ma cerco anche di fare analisi e autoanalisi per dare feedback. E ci sono alcuni temi su cui penso che il mio punto di vista non dovrebbe essere preso per “corretto” ma dovrebbe quantomeno venire considerato, spenderci quei 10 minuti.
Influencers e giornali con articoli clickbait
Dopo il caso della Ferragni ho iniziato a leggere molte opinioni su quanto faccia schifo la società che segue caprinamente gli influencers. A parte che non capisco molto la connessione tra le due cose: la Ferragni è accusata di avere più o meno frodato gli acquirenti, cosa ci azzecca il fatto che la gente la segua?
Comunque, mi trovo in disaccordo su questa opinione: prima seguivamo giornalisti, che spesso erano più giornalai, e pensavamo che il giornalismo fosse marcio solo in base all’orientamento politico della testata. Tornerò sul tema giornali, ma… spostare la ricezione di informazioni da organi a cui devolviamo tale autorità a persone singole dovrebbe indurci a ridiscutere il nostro bias di principio di autorità (quel bias che ci fa credere che una persona autorevole abbia ragione anche quando dice cazzate su cose di cui non sa nulla). Quello che intendo è che, se i giornali erano considerati autoritatevoli perchè “erano giornali e sapevano cosa scrivevano”, ora dovremmo andarci cauti con gli influencer perchè “sono stocazzo”.
Quindi, se seguo Barbascura (e santiddio se lo faccio) è perchè l’ho scelto, era un signor nessuno prima, e pone molta attenzione a fare peer review di quello che dice. Non ci vedo nulla di male.
Il problema dell’influencer è che dovrebbe farci rimettere in discussione il bias di principio di autorità, ma fa saltare sul carro il bias del carrozzone (quel bias che ci fa credere che una persona sia credibile se molti ci credono). Inoltre, e qui arriviamo finalmente al punto, sta a noi decidere chi seguire, ed è quindi colpa nostra se alcune persone che non sanno un cazzo su un argomento influenzano milioni di persone che li seguono per ben altro. E’ quindi colpa nostra se ballerini o truccatrici o calciatori o videogiocatori o cantanti possono lanciarsi a parlare di scienza e politica e manovrare il consenso pubblico.
Lo stesso vale per i giornali. Penso sia normale pensare che i giornalisti vogliono continuare a lavorare come giornalisti. Però, tipo 10 anni fa, la gente i giornali li comprava. Ora anzi che comprare un giornale, il cittadino medio spende quei soldi per una carta virtuale in un videogioco. Non critico come la gente spende i soldi, faccio lo stesso io, anche se non compro cose per videogiochi. Il punto è che i giornali devono sottostare a regole di mercato per sopravvivere. Magari non possiamo parlare di “colpe”, ma di sicuro è per il cambio della società che i giornali han cambiato stile nelle notizie.
Social Networks
Ecco, qui l’analisi è forse un pò più complessa, perchè i social network non sono come i giornali. I social network spesso nascono gratuiti, e come diceva più o meno qualcuno, “quando una azienda non ha nessun prodotto visibile su cui fa soldi, probabilmente il prodotto sei tu”, quindi sì, amavo i social 10 anni fa, ora nel tentativo di farsi intelligenti per catturare la tua attenzione, son diventati petulanti e fastidiosi.
Però col loro diventare sempre più “intelligenti” si ha anche un cambiamento nelle strategie di marketing, e diventa sempre più importante il ruolo del Social Media Manager per tutti i brand, ed è quello che rende l’evoluzione dei social media un pò colpa nostra: noi siamo il target, noi siamo quelli che i social tentano di persuadere, noi siamo quelli che si iscrivono sul social di turno e noi siamo quelli che imparano le tecniche dei social per lucrarci sopra.
Tutti i grandi social del passato, quelli prima di Facebook, sono morti (o quasi) con Facebook, che è lì da quasi vent’anni, e perde colpi contro Instagram, Tik Tok…
C’è un’altra analisi da fare: prima c’erano i blog, e c’è stato un periodo in cui chi voleva condividere qualcosa apriva un blog. Poi è venuto Facebook, che dava comunque un gran risalto ai post scritti. Poi Twitter, dove si iniziava a limitare la scrittura in favore di un messaggio corto. Instagram ha mosso il paradigma sulle foto: puoi scrivere ma la scrittura è second class citizen. In Tik Tok scrivere è quasi fastidioso e inutile, il focus è sul video. Io ci vedo un pattern: la gente vuole sempre meno sbattimento a leggere, a riflettere, vuole gattini e cose comiche, e l’immagine e l’apparenza è tutto.
Penso che ci lamenteremo di questo in futuro, perchè è preoccupante sia non comunicare, che non pensare, che dare valore all’immagine, e si va verso quella direzione.
Politica
Specialmente in Italia, la gente non ci crede più. E sempre più spesso i politici si fanno aiutare da esperti che giudicano i sentimenti della gente su quello che loro dicono, per capire dove conviene andare. I politici stanno quindi diventando una nuova sorta di influencers, e come tali, l’analisi è la stessa: non è forse colpa nostra se la politica è così?
Se già i politici ci inculavano con la cartavetra quando erano seri, ora che sanno che devono solo fare quello che la gente vuole, tutto ricade sulle nostre spalle. E’ famosa la serie di dichiarazioni di Salvini durante il covid, con lui che diceva di riaprire tutto o chiudere tutto in base agli umori della massa. Ma quindi è del tutto colpa nostra se la politica è diventata così, perchè ci scordiamo, e non riusciamo a neutralizzare dalla scena politica una persona che viene scoperta a fare l’idiota. La gente è più facile che esca dall’attenzione pubblica perchè fa cose impopolari (tipo Renzi finito al 2%) che non perchè fa cose assolutamente inaccetabili per un politico (tipo Berlusconi quando disse alla Merkel “Culona inchiavabile”).
Insomma, quando critichiamo la società attuale cerchiamo di capire se non dovremmo invece criticare noi stessi.
Stay tuned!