Ho appena visto questo documentario Netflix, e ho già individuato il primo furbone che ha dichiarato di cancellarsi dai social e credo che sia in seguito a questo. Fa ridere perchè sembra una battaglia tra una entità che cerca di manipolarti coi social e una che cerca di manipolarti coi documentari. Perchè a questo servono questi documentari: quando uscì “The Game Changers” un mucchio di persone divennero vegetariane o vegane, ma era un documentario discutibile, e quindi vi lascerò una analisi di una dietista di fama internazionale (o quasi)
LA TRAMA IN BREVE
Si parla di socials: Facebook, Twitter, Tiktok, Instagram e i fratelli… Bene, il documentario parte da una osservazione basilare: se non si paga nulla su questi social, cosa è il prodotto? Come lucrano? Ovviamente lucrano “manipolando” il cliente, per fargli vedere pubblicità. Il problema è che per far sì che si guadagni abbastanza con la pubblicità, questi social devono mantenere alta l’attenzione del loro prodotto (cioè noi, gli utenti) in modo da renderci dipendenti dal social, sempre connessi e vedere tanta di questa pubblicità. Per fare ciò questi social hanno bisogno di montagne di dati su di noi (che ben inciso, noi gli regaliamo) su cui applicano algoritmi di intelligenza artificiale per stimolarci costantemente.
Tali algoritmi, praticamente, ci foraggiano con ciò che sanno che ci piace, e questo genera un problema: tali algoritmi conoscono i nostri schemi di pensiero e ci sanno influenzare. Son così bravi a farlo che pian piano sulle nostre bacheche ci sono solo contenuti che ci piacciono, e a cui siamo interessati, ma allo stesso tempo che “la pensano come noi”. Questo crea degli ovvi problemi, per esempio: sei complottista? Vedrai un milione di fake news e video complottari. Sei estremista? Lo stesso.
Questo e alcune altre accortezze permettono di avere un grande impatto sulla società: si possono usare i social per modificare il nostro modo di agire, e quindi di fatto per veicolarci verso determinati punti di vista: questo può permettere a governi di farsi propaganda, o di incentivare l’odio raziale, o…
Questa è la linea generale del documentario, ma importanti sono due aspetti che considererei “secondari” ma “importanti” e interessanti: uno che la nostra dipendenza da social ha avuto un impatto incredibilmente negativo sulla psiche dei giovani: depressione e suicidi anche triplicati, in alcuni casi.
Secondo, siccome la verità è noiosa, ma le fake news spaccano, e siccome l’intelligenza artificiale non distingue tra vero e falso, siamo tutti molto più vulnerabili alle fake news. Il documentario si chiude con i titoli di coda in cui alcuni degli intervistati, nomi famosi dello sviluppo di questi social, danno suggerimenti su come evitare gli effetti negativi dei social su noi e i nostri cari.
IL MIO COMMENTO
Tutto vero, ma… voglio dire, se ci manca spirito critico, anche la televisione può arrecarci danno. E infatti, come dicevo, questo documentario sembra una battaglia tra una piattaforma video e le piattaforme social. Certo, sapere cosa succede dietro alle quinte non fa male all’utente medio, ma diciamocelo chiaro: tutte le aziende informatiche fanno la stessa cosa, e non per manipolare, ma per darti una usabilità migliore: deliveroo e uber eats ti consigliano cosa mangiare facendoti vedere cosa puoi ordinare. Amazon lo stesso coi suggerimenti.
Certo, incentivare il nostro spirito critico, specialmente con le notizie suggerite (e social come Facebook creano una bacheca che è tutta notizie suggerite, visto che è la piattaforma a decidere cosa devi vedere e cosa no), cercando altre opinioni, o capire che quello che vediamo sui social è studiato per noi, per manovrarci, beh, questo è utile ma… niente di nuovo.
Però è interessante pensare a come menti fragili (terrapiattisti, salviniani e via dicendo) possono venire istigate sempre più in un modo tanto semplice, o che alcune notizie, siccome non sono molto attrattive in termini di click (anche se vere), non appariranno mai nelle bacheche di nessuno. Come diceva qualcuno, “noi abbiamo il grande potere di manovrare le aziende semplicemente con le nostre scelte“, e questo dobbiamo fare: schifare i suggerimenti delle piatteforme, cercare i post o i video direttamente, cercare di non farci influenzare da quello che altri vogliono che noi vediamo o che noi pensiamo (perchè sì, anche questo documentario sta cercando di instillare nella tua mente una idea) e verificare tutto quello che condividiamo da altre fonti.
Ma no, questo non vuol dire rinunciare ai social. Anche se forse dovremmo tutti accettare che danno dipendenza, dovremmo cercare di utilizzarli limitatamente e proibirli a figli o familiari giovani. Ma purtroppo questo va oltre le possibilità di analisi di molte persone, quelli che io definirei deboli (perchè idioti sembra offensivo).
Stay tuned!
EDIT: giusto un pensiero così, fugace. Una piattaforma di streaming, quale è Netflix, che finanzia un documentario dove si dipingono i social come negativi perchè il loro scopo è di guadagnarsi la tua attenzione ad ogni modo, non è esso stesso manipolazione mentale per attirare la tua attenzione dai social e portarla sulla piattaforma di video. Perchè Netflix fa coi suoi video quello che i social fanno con le notizie, solo che loro con questo documentario ti dicono di smettere coi social. E dimmi: dove spenderai più tempo se smetterai di passarlo sui social? Magari su Netflix?